Archivio | 7 marzo 2012

Il ricatto

Appese al soffitto dell’aula bunker del tribunale di Evergreen ronzavano le pesanti pale dei ventilatori. L’umidità appiccicava quei quattro peli sulla zucca ovale dell’avvocato Whiteman che provava vanamente a ritagliarsi uno spazio adeguato in quell’assurdo dibattimento. Il Pubblico Ministero masticava sornione una gomma sbirciando nella scollatura della giornalista di mezza età in seconda fila. Il Giudice aveva serie difficoltà a trattenere i peti a causa di una zuppa di legumi e non vedeva l’ora di ritirarsi in Camera di consiglio. I due imputati, seduti di fianco a Whiteman, davano mostra di non capire un corno di ciò che gli capitava attorno. Del resto, che si poteva pretendere da uomini d’azione come quelli? Inoltre era giunta loro voce che quel giorno, indispettito dall’inefficacia dell’azione di quell’azzeccagarbugli da strapazzo che finora non aveva saputo far altro che farli passare da una cella all’altra, sarebbe sceso in campo (scusate l’espressione, ma è proprio a pennello!), dicevo sarebbe sceso in campo il gran capo in persona. Non avevano avuto anticipazioni su come avrebbe agito, se con un’azione fragorosa o con una trattativa segreta, certo è che i due, da gran guerrieri, avrebbero di gran lunga preferito un bel po’ di casino, in maniera da riuscire a menare le mani. Tra loro sussurravano: immagina il capobanda che fa irruzione qui in tribunale per portare a casa i suoi fedeli banditi. Una cosa mai vista. Con una pistola per zampa e una bomba a mano stretta tra i denti per la spoletta. Per il momento però non potevano che far guizzare i bicipiti sotto il tessuto grezzo delle divise che erano state fatte loro indossare e attendere.

Per ingannare il tempo uno dei due imputati, quello più esperto e, se è lecito, più profondo, iniziò una lunga riflessione. Tema: l’ironia della sorte. Chi l’avrebbe mai detto che sarebbero finiti sotto accusa per una vicenda che non ci azzeccava nulla con le attività illecite della banda? Meglio, un po’ ci azzeccava, ma era un evento collaterale. Dopo anni di scorribande e razzie c’erano scappate delle lesioni, forse un morto o due. Ma quanti ne avevano provocati più o meno direttamente le loro attività e i loro traffici? Del resto, anni prima, anche la banda aveva subito perdite gravi a causa delle scorribande di altre bande più grosse e il gran capo per primo era stato zitto e buono. Mica aveva pensato a vendicarsi e, figurarsi, a reclamare giustizia.

Quando venne il momento, fu una delusione immensa. Ecco in sintesi il resoconto: un agente della postale, tutto scompigliato per la gran corsa, piombò nell’aula inciampando e cozzando contro un paio di sedili, prima di finire in ginocchio tra le cosce dell’addetta alla verbalizzazione che, nel frattempo, si era addormentata a bocca aperta sulle pagine del librone dei verbali, lasciando correre un filo di bava lungo la rilegatura. Il fracasso dovuto alla caduta e all’urlo della sventurata destò in pochi istanti tutti i presenti, tranne Whiteman che in quel momento era già sveglio, perché si stava con veemenza appellando al diritto del più forte. In un battibaleno il poliziotto si ricompose, ricacciando la camicia nelle braghe e scappellandosi con foga.

Vostro Onore! Vostro Onore! Disse. Guardi qui quello che ci è stato recapitato giù all’ufficio.

E giù a frugarsi furiosamente le tasche dei calzoni, quindi quelle della giacca, passando infine alla camicia.

Vuoi vedere, pensava con orrore, che per non perderla me la son ficcata nelle mutande ed è rimasta lì. Mo’ che faccio?

Per fortuna il giudice in persona gli venne in soccorso.

Sta cercando questa? Disse mostrando all’agente e alla sala una chiavetta USB, finita, a causa del capitombolo dell’agente, nel bicchiere di plastica pieno d’acqua dal quale aveva appena bevuto.

Sì, Vostro Onore. Proprio quella, contiene un video che, se mi è consentito, Vi consiglierei di guardare subito.

Il giudice invitò seccamente lo sbirro a tenere per sé i suoi consigli e un impiegato ad asciugare la chiavetta e ad allestire la proiezione.

Il faccione del capo si stampò sul telone alla destra del banco della Corte. Per quanto ossuto e scavato, il suo volto tremendo riempiva lo schermo. Parlava con voce metallica, a scatti. La banda chiedeva la liberazione immediata degli imputati. La banda aveva investito il frutto delle proprie scorribande nel paese, aveva aperto manifatture, botteghe e agenzie. Aveva anche creato una lega calcistica nella quale militavano i più famosi fuoriclasse, da Puzzon a Cacani. La banda diceva che se le sue richieste non fossero state esaudite tutto questo sarebbe finito. Centinaia di disoccupati, famiglie distrutte, fame, miseria. Si sarebbe tornati a scapoli contro ammogliati.

Come non detto

Da Repubblica.it

Un altro brusco risveglio per la scuola.