Archivio | marzo 2019

Glock 17. Difesa legittima

glockIl 6 marzo 2019 la camera ha approvato la riforma della legittima difesa. Al voto sono scoppiati gli applausi di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega. Dal 26 marzo il provvedimento passerà al vaglio del Senato per la terza lettura.

Gli occhialetti alla Cavour e il riporto incollato in testa che disegna una forma come di forchetta potrebbero, a prima vista, ingannare. Sanno di tipo un po’ pedante, come quelli che t’arrivano all’assemblea del condominio con calcolatrice e Codice Civile, e dalle abitudini un po’ sozze, tipo lasciare le scarpe sul pianerottolo con i calzini appallottolati dentro. Invece Mario, il dirimpettaio, è uno a posto. Non so che lavoro facesse, ma sicuro che ora è in pensione: non esce più la mattina alle sette e poi ha dismesso i completi per le tute diadora. È uno pacifico, con il garage in ordine, ci tiene l’auto e un mucchio di scatole e scatoline per tutto, chiodi, viti, chiavi e cacciaviti, utensili strani, di quelli che ti capita una o due volte nella vita di dover utilizzare, ma che certi uomini, come per esempio mio padre, amano collezionare. Nel caso ci fosse da riparare la grondaia, e il fondamentale compito venisse affidato a te, è meglio avere in casa tutto l’occorrente.

Maneggevole e leggera, sei fredda, sei molto leggera, sei proprio giusta, come misure, intendo equilibrata, ti tengo in mano, ti appoggio sulla scrivania, ti osservo. Ce l’hai un’anima, sì? Ma cosa dico, sei un oggetto, e però vivi, mi guardi, mi stai in mano, mi parli, mi chiami e respiri, respiri con me. Dal fondo del cassetto dove ti ho chiusa con la chiave d’ottone. Mario, mi fai. Mario, lasciami qui, ma adesso sai che ci sono, torna se vuoi, torna da me. Dio come… fatti guardare, fatti baciare, ti tengo in grembo, come un cucciolo. Il foro freddo, lo sento contro le labbra, il carrello, lo passo sulla guancia rasata, è meno freddo, è il trattamento Tenifer. Respiro il tuo odore, il mio alito ti appanna il corpo in punta, proprio dove c’è il logo rettangolare. Ti metto via ora, ché inizia la partita. Ti metto qua, carica, ma con la sicura. La giro la chiave d’ottone? E se poi mi servi all’improvviso? Va bene, d’accordo, sei tu che comandi: la giro, ma la lascio nella toppa.

Da quando la figlia si è trasferita per lavoro in Piemonte, Mario è un uomo più aperto, socievole. Prima se ne stava sulle sue. Non che fosse maleducato, no, questo no. Ma certo non era uno di quei tizi che ti raccontano i fatti loro. Adesso, se uno ha fretta, è meglio che non lo incontri sul pianerottolo o nell’androne, perché è tutto un: ma quelli del Comune, quando la fanno la pulizia delle strade? E questa differenziata, ma chi la capisce? C’è mia moglie, Adriana, che dice che ieri ha sentito odore di fumo, qui, nell’ascensore. E cose così, un po’ noiose, ma che gliele perdoni, perché si sa, quando un uomo ha sempre lavorato e va pensione, finisce che si stufa un po’, e allora facile che si fissi con cose da niente. Comunque meglio Mario di tanti altri vicini: l’esaltato della palestra, per esempio, o la professoressa del quinto, tutta altezzosa. Per non parlare di Manu, il re della frittura, che impuzza le scale ogni giorno, e di Mino, che tutte le mattine fa il giro di controllo dell’Audi con la lente di ingrandimento in mano.

Ti penso, ti penso forte, non voglio, ma ti penso. Adesso arrivo, aspetta, un attimo… no dai, vengo subito, tanto questa Inter fa schifo, che noia. Tiro il cassetto, Salve o Regina Madre di misericordia, vita, sei vita, sì. Per come mi fai sentire, per quello che prometti, dolcezza. Che mi prometti? Speranza nostra, mi prometti, e salve, anche prometti a me, Mario. A te ricorriamo, noi, uomini soli, esuli, dai giorni contati, figli di Eva: a te sospiriamo, ti desidero, ti amo, gementi e piangenti: asciugami il viso madido, in questa valle di lacrime dammi un bacio. Orsù, dunque, per la tua bocca d’acciaio, avvocata nostra, fatti adorare, rivolgi a noi, a me, gli occhi tuoi, ho la gola chiusa in un pugno, misericordiosi e mostraci, dopo questo esilio, ma come mai non t’ho avuta prima? Gesù, fammi mangiare, il frutto benedetto, voglio… voglio divorarlo, del tuo seno. O clemente, cosa ne dici? o pia, se ti levo di qui? o dolce Vergine, ti porto in camera, dolce, vergine, in camera da letto… dolce vergine Maria. Ma non sotto il cuscino, no, nel comodino. Amen.

– Oh, buongiorno professore. Che mi racconta? Non riesco a capire come possa tornare a casa vivo ogni giorno, con la marmaglia che c’è nelle scuole oggi. Quando andavo a scuola io…
– Buongiorno, Mario. Adriana, come sta? Ma quale professore e professore… Emiliano basta e avanza.
– Vede, professore, lui è abituato così.
– Ho capito, Adriana. Vada per il professore allora.
– Comunque, dicevo, il fatto è che oramai sono troppi, ce ne sono dappertutto. Non può dire di no.
– Di che cosa?
– Mario! Non iniziare, piantala con questa solfa. Hai ragione, ormai è pieno, ma già alla mattina, con la politica, ma che scatole…
– Quante storie, Adriana. Vuoi star zitta, per favore?
– Scusate, ma vado di fretta… devo proprio scappare. Arrivederci.

Tiro il cappuccio della felpa sulla fronte, infilo il portone. Cosa ci vuoi fare? Sono anziani, la TV li spaventa. Sicuramente non erano così, prima. Prima quando? Boh, prima. E comunque sono brave persone. Innocue.