Archivio | febbraio 2015

Viale del tramonto

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Che cosa rimane, di un atleta, dopo il ritiro?

Un uomo che guarda oltre il vetro la città gonfiarsi paziente di pioggia implacabile e fine. In casa c’è la luce accesa, lo si può vedere dalla strada, una figura appesantita che riempie quasi tutta la finestra. Sul piatto gira graffiato l’LP di Giant Steps. Anche stare in piedi costa fatica, se le ginocchia fanno male; tutti quegli interventi: ricorda che a un certo punto aveva pensato che non avrebbe più potuto camminare. Guarda fuori, oltre le gocce che rigano il vetro, la città del declino. Le sue strade sporche, trascurate, le sue aiuole macilente, i suoi lampioni pallidi, spenti qua e là. I cumuli di neve nera. Quelle che erano state mille sale cinematografiche ora sbarrate, chiuse, i teatri vuoti. I caffè deserti non sono che l’ombra di ciò che erano stati fino a poco tempo prima, così brulicanti di quella vita spocchiosa e borghese da pétite Capitale. Le architetture spropositate, spesso abbandonate, sfregiano il volto sincero e stupito della pianura. La pioggia gelata ne leviga gli scheletri già stanchi. Auto troppo grosse e inquinanti, comperate a rate, seguitano a rincorrersi sui viali. Gli stessi viali contesi da bande di pusher, dalle ambigue luci al neon di improbabili centri massaggi, dei Compro Oro. Le biblioteche sono in lenta dismissione, i negozi in disfacimento. I cartelli di VENDESI e di CHIUSO ora hanno raggiunto anche il Tardini. Già, anche lo stadio, la sua arena, con i suoi riflettori e l’urlo fragoroso della folla in estasi per i suoi pregevoli gesti tecnici, per lui, lui che guarda oltre il vetro con le gambe tutte doloranti. Con le caviglie gonfie.

Le luci della ribalta, le corse ebbre sotto la curva, le interviste, le foto sulle riviste, la sera della Prima al Regio. Il primato, il successo, i festival, la Capitale, la fasulla grandeur. Il crack, il dolore, i dottori, i dolori. I cinema chiusi, i teatri vuoti, gli appartamenti sfitti e invenduti, i parchi abbandonati a un degrado lento. La vita dell’ex, i racconti sempre più fantasiosi, le autobiografie, le visite nelle scuole. Un’agenda fitta all’inizio, poi sempre meno intensa. Alla fine la solitudine dell’ex, quando in giro non ti riconoscono più: solo il nome, forse, gli ricorda qualcosa, ma probabilmente te lo dicono solamente per cortesia.

Sic transit gloria mundi. La grandezza non è che un clamoroso abbaglio se non ci sei nato tagliato. Trane è da un po’ che ha smesso di soffiare nel sax. La puntina sfinita è lasciata a ticchettare sul disco. Si trascina lento verso un interruttore, allunga la mano, spegne la luce. Click. Si siede in poltrona ad aspettare il mattino, senza sonno. Guarda diritto davanti a sé attraverso il buio della stanza, vigile.

L’Orda

Dräkt,_Landsknekt,_Nordisk_familjebokEccoli che sciamano a folate veloci per le vie del centro storico, alcuni strizzati in improbabili bomberini griffati, altri sprofondati in morbidi parka Woolrich. Lanciano vuoti di birra petardi fumogeni. Sostano un attimo, ma non sanno star fermi e allora gironzolano iperattivi in cerchi concentrici sul pavé coperto di cocci, trincando a canna litri di doppio malto tra rutti sonori. Si muovono a volto scoperto, hanno occhi vivaci, labbra sottili, capelli cortissimi. Non i denti spaccati, le facce stravolte delle periferie inglesi. Non si nascondono, questi: sono nazisti, dicono, hanno certi amici potenti; sono benestanti, dicono, possono pagare avvocati e sanzioni. Non sono un’esplosione di rabbia sociale, sono gente selezionata, una élite, mica li fermi alzando il prezzo dei biglietti allo stadio. Vivono in appartamenti molto caldi, ecosostenibili, con finiture di pregio. Si riprendono dalle sbronze sfogliando riviste porno nella Jakuzzi, mangiano bio. Hanno studiato in scuole prestigiose, anche se probabilmente non hanno imparato granché. Infatti sono convinti che di bello e prezioso al mondo esistano solo i costosi devices elettronici di cui amano circondarsi, vetro e alluminio anodizzato da lustrare con cura, per filmare meglio le proprie imprese. Non sono l’Orda, gli invasori dei barconi da respingere in mare, da cannoneggiare, da tenere lontani dal sacro suolo patrio. Niente cartelli rossi con la scritta STOP INVASIONE per loro. Non portano l’ebola, la tubercolosi, la scabbia. Sono l’orda fighetta da Rotterdam. Se ne fregano dell’arte, se ne fregano del patrimonio culturale di un paese, di un continente, del mondo. Tanto, ghignano, è quel popolo stesso il primo a fregarsene. Danneggiano capolavori, sfregiano istituzioni, irridono la cultura: mangiatevela in un panino la Divina Commedia, luridi pezzenti! Un selfie tra le macerie di piazza di Spagna, una pisciata nella fontana del Bernini, un bel dito medio alzato verso la statua in Campo dei Fiori mentre gli vomiti contro. E poi via a braccetto, di corsa verso un altro drink. Verso la settimana bianca, lo shopping londinese, lo scotch invecchiato. Sono scesi in Italia, li abbiamo subito lasciati fare, accolti a braccia aperte, sono ricchi, belli, veloci. Non ci siamo accorti della loro calata finché ce li siamo ritrovati con la capitale in pugno. E allora che bruci questo paese, esplodano le sue istituzioni, la sua cultura giuridica, le sue scuole, il suo patrimonio artistico, il suo traballante benessere: sono arrivati i Rottamatori e non si fermeranno più.

La dittatura del cliente modello

lines_seta_ultra_notte_ali_10_pz_01Un progetto vorrebbe mettere al braccio dei lavoratori di Obi, catena di negozi di bricolage, un braccialetto vibrante che si attiva su richiesta di clienti bisognosi di aiuto.

Ecco, appena la introducono, quella faccenda lì del braccialetto, io ci vado di corsa alla OBI. Altro che Brico, Bricoman e altri negozi di dilettanti. Questa sì che l’è soddisfazione del cliente, è curare il cliente, è dare ragione al cliente, perché il cliente l’è il cliente, c’ha sempre ragione il cliente. Non trovi qualcosa? Ti sbatte cercarlo? Hai bisogno di un consiglio su tasselli, scaffali, scatole o latte di pittura? Non hai niente da fare e ti tira di confrontare diversi modelli di trapano a percussione? Non ti devi più allungare con il collo a guardare se vedi il commesso, no. Non devi più sgolarti a chiamarlo, sbracciarti, dirgli mi scusi o per favore e tutte le smancerie varie; che poi chi si credono di essere ‘sti commessi dei supermercati che non arrivano mai? Idraulici? So mica io. Schiacci un bottone e il braccialetto del tipo, del dipendente, dico, quello che è pagato per servirti, attacca a vibrare, così lui sgambetta da te. E vedi come corre, anche perché fino a che il tipo non arriva da te il braccialetto non pianta lì di vibrare. Così se si attarda, che magari fa finta che è stanco, bzzzzbzzzz… l’affare gli dà un fastidio cane e lui si sveglia fuori. Oh, è pagato o no? C’ha anche un discreto culo ad averci un lavoro, con la crisi che c’è e tutti ‘sti terroristi che arrivano con i barconi a rubarci le donne e a decapitare il lavoro.

No, insomma, sono cliente, qua. Sono io che comando. Dovrebbe funzionare così dappertutto, dovrebbe. Anche all’Esselunga dovrebbero metterlo, così quando sono lì davanti allo scaffale che non riesco a capire quali sono i lines seta ali ultra plus notte violetto gel alla melissa della mia morosa, tac! Schiaccio e arriva il tipo, non devo neanche salutarlo, che il coso che vibra è già come dirci, al tipo dell’Esselunga: oh, te, ciao! E così ce lo chiedo a lui, con comodo, dove stanno i lines soft maxi petalo blu acqua marina liberty dell’Adalgisa. L’Adalgisa è la mia morosa.

Anche perché poi, non sembra mica, ma è un bel modo anche per premiare quelli che fanno andare le mani e per punire quelli che non c’han voglia di lavorare, quello lì del braccialetto vibrante. Perché fai che uno è bravo, no? Che lo chiami per chiederci se nella mozzarella ci sono le uova che hai l’allergia e lui arriva di corsa. Dopo un po’ ci vuole un premio, giusto? Allora metti che il braccialetto invece che vibrare per tutto il tempo che lui arriva, vibra magari solo un minuto, così dà meno fastidio. Se uno, invece, è un lazzarone, di quelli che non arrivano mai, allora al posto della vibrazione ci metti una piccola scarica elettrica, ma piccolina, che fa mica male a nessuno, così vedi che si sbriga a fare quello che deve fare. Così poi lavorano tutti di più. E il cliente alla fine della fiera va via bello contento.

Ecco, da adesso io vado solo in posti dove mettono i braccialetti elettrici ai dipendenti. Del resto noi consumatori, con i nostri comportamenti, abbiamo il potere di condizionare le politiche aziendali. Questo ce lo aveva detto anche il profe di italiano alle superiori, Emiliano B, anche se era uno di sinistra. Allora, ecco, se tutti fanno come me, se sono un po’ furbi, scommetto che tempo due o tre anni lo mettono in tutti i grandi magazzini, un coso che vibra ai dipendenti.