Il gusto ai tempi delle pizzerie

Il dehors della pizzeria è affollato e rumoroso. Le cameriere ansiose che solcano gli spazi tra i tavolini sparpagliano le folate di fumo azzurrognolo delle decine di sigarette accese. Dischi di pasta spalmata di pomodoro e mozzarella, recapitati a clienti affamati e sudati, piovono sulle tovaglie bianchissime a ritmo implacabile: quattro stagioni? Mare e monti? Bufala? Negli angoli strategici schermi piatti trasmettono la sconfitta del Napoli al Tardini, giusto quattro passi da qui, gettando nella disperazione staff e clientela del locale. Diligentemente infilzate sotto il tavolino alla mia destra, tre anziane signore si godono una serata di libertà. Oggi pomeriggio hanno fatto visita alla parrucchiera, che ha gonfiato con cura le chiome tinte di biondo o di rosso. Poi, immagino, si sono fatte un aperitivo da qualche parte, qui nel quartiere, forse in quel chiosco con i cartelloni dei prezzi scarabocchiati a pennarello sul cartone rivoltato delle scatole di birra. Fumano Merit con l’accanimento dei fumatori occasionali, una sigaretta dietro l’altra, reggendole con posa innaturale ad altezza occhi. Hanno divorato la pizza e scolato le birre, ora sono al dolce e liquore. Chiedono alla ragazza sbigottita di lasciare sul tavolo la bottiglia di Anima nera. “Quando si esce, bambina,” le spiegano, arrochendo la voce: “Bisogna fare sul serio.”

Al terzo giro di liquore non si limitano più a parlare di uomini in termini davvero spinti, ma cacciano fuori i cellulari e si mostrano le foto dei soggetti in questione commentando ad alta voce. C’è n’è una con un porro sul naso che a un certo punto zittisce le compagne: “Beh, volete vederne uno? Ecco, mio nipote…” Volta lo schermo del telefonino verso le amiche che annuiscono ammirate e fischiano piano e sussurrano: “Cheffusto, capperi!” La donna con il porro è così soddisfatta che non si accontenta dell’approvazione delle altre signore e si sporge dalla sedia verso di me: “Giovanotto! Guardi un po’ qua mio nipote! Non è un gran bel pezzo di ragazzo?” Butto un occhio alla foto: c’è un quarantenne spelacchiato, scavato dalla fame e svirgolato dalla scoliosi in boxer da bagno, che sorride sdentato sulla spiaggia di un posto qualsiasi della riviera romagnola. Deglutisco e butto lì un poco convinto: “Ehm… già, davvero un bel tipo…” “No, no… quale bel tipo, l’è proprio un gran figone!” replica la donna. “Beh, sì, sa… non so, sì, proprio un gran figo, signora!” Lei, allora, annuisce soddisfatta.

C’è una cosa che ho letto, proprio prima di sedermi qui, sulla poesia di Sereni, sul suo “mah”. Qualcosa sulla volontà di abolire un punto di vista privilegiato. Sulla ricerca di inclusione delle prospettive altrui. Ci sono le chiacchiere, che si fanno da sempre, sull’andare oltre, sull’assumere i punti di vista dei diversi, deboli, subalterni, minoranze. Ci sono i calciatori che esultano dopo il gol, nei replay che scivolano sugli schermi tv della pizzeria, statuari e bellissimi. Quelli sì, indiscutibilmente, perché lo dicono tutti, dei veri fusti. Vabbè, magari ecco… escluso Cassano.

C’è il fatto che resta: il fatto che usare occhi diversi da quelli dominanti non è così semplice come appare a parole.

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Informazioni su Emiliano B

Un lombardo in Emilia. Insegnante nelle scuole secondarie. Amo le lettere, la musica di Seattle, il calcio, i vizi.

Una risposta a “Il gusto ai tempi delle pizzerie”

  1. roceresale dice :

    Molto, molto difficile. Non basta una bottiglia intera di Anima Nera.

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