Archivio | 24 giugno 2024

Nobili e servi

Fugati gli spiriti maligni attraverso le scorpacciate rituali di tortelli della Coop, i canti che si alzano e la danza che si muove attorno ai fuochi nella notte di san Giovanni – sulle note di Italodisco, visto che per ora siamo ancora in attesa di capire bene quale sarà la canzone dell’estate 2024 – studenti e professori si sono ritrovati, questa mattina, presso la sede centrale dell’Istituto Tecnico per celebrare l’inizio degli orali dell’esame di maturità. Ognuno porta sul corpo i segni delle sfrenatezze notturne: arti bruciacchiati saltando e risaltando il fuoco mentre il nonno sbronzo svuotava, sui tizzoni ardenti, bicchierini di alcool per liquori a 95%; voragini nella capigliatura per via delle ciocche strappate e affidate alle fiamme a propiziare felicità di coppia; labbra un tempo rosee e ora irrimediabilmente macchiate dalle troppe scodelle di lambrusco scuro o scorticate dall’abuso di scottex nel tentativo di cancellare le prove di indicibili eccessi enologici. 

Nella pausa tra un “l’estate, fredda, dei morti collegata con la Guerra fredda” e un “parto dal gol numero 5 dell’agenda EURO 24, uguaglianza di genere, per arrivare poi a parlare ovviamente di Heart of darkness”, accompagno la collega di Spagnolo a svapare nel parcheggio della scuola. Mentre è lì che risucchia con voluttà vapore gusto pizza all’ananas, sbuffando volute di diversi metri cubici, improvvisamente sbarra gli occhi. “Mi sa che ieri sera ho bevuto troppo…” sussurra. Seguo con lo sguardo la direzione dei suoi occhi, fino a sbattere contro la figura di un uomo, probabilmente un genitore in attesa del rampollo impegnato all’esame, appoggiato al cofano di una Panda rossa e incredibilmente assorto nella lettura del Laelius de amicitia, edizioni Newton, 100 pagine 1000 lire. Resto di stucco: “Il De amicitia? Mi sa che anch’io ho bev…”, “Cosa facciamo, glielo diciamo? Mica può andarsene in giro così!” Mi interrompe lei. Allora sbuffo e replico: “Che esagerata! Che c’è di male, in fondo, a portarsi in giro Cicerone?” “Emiliano? Emiliano, ci sei? Quel tizio è uscito di casa in mutande!”. Guardo meglio e noto che il Ciceroniano, in effetti, è in boxer. Alla faccia dei postumi. Ai piedi un paio di mocassini da barca con calze di spugna alte. Come ho fatto a non accorgermene? Dev’essere il mio disturbo specifico da iperlessia: in qualsiasi contesto mi trovi, prima leggo tutte le scritte, soprattutto se copertine di libri, poi passo ad analizzare il resto del quadro.

Chi non ricorda i 100 pagine? Un Maestro di letteratura, all’Università, ci disse di utilizzarli pure, visto che eravamo squattrinati, per studiare. Che erano brutte edizioni, orribili! dal punto di vista materiale, ma che erano sufficientemente accurate sotto il profilo filologico. Aggiunse che lui si sarebbe sempre rifiutato di curarne uno, perché l’editore pagava male e lavorare gratis è nobile, lavorare sottopagati invece è da servi, e lui non era un servo. 

Non ho mai dimenticato quella frase, che oggi mi sembra così idiota, dello snobismo idiota di chi ignora cosa significhi vendere, per paghe miserabili, il lavoro del proprio corpo per vivere. Ci penso ad ogni corpo straziato dal lavoro sottopagato, in una Nazione dove troppo spesso le macchine risucchiano le proprie figlie e i propri figli. Non è detto che così vanno le cose, così devono andare. Lavorare per strappare il proprio destino alla miseria, sfidando la violenza dell’Economia dello sfruttamento, è nobile. Lavorare per la perpetuazione di un sistema inaccettabile, nelle aziende, nelle sedi politiche e istituzionali, negli organismi di controllo, è da servi.