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Soccorsi plurimi

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Un sibilo secco, un taglio ad arco, teso come una ferita aperta nell’aria, e il galleggiante precipita con un pluff leggero nell’acqua increspata del golfo, sotto un cielo plumbeo. Fissare l’ondeggiare ostinato della fluorescenza nella schiuma è un blando esorcismo, in questo inverno freddo della guerra, della violenza, dell’influenza stagionale, della peste eterna. C’è una sorta di funzione consolatoria, nell’immobilità o, meglio, nella mobilità controllata e circoscritta, di cui la pesca è buona sintesi. 

Un po’ più in là, presso il Terminal Crociere una gigantesca MSC-Qualcosa manovra lenta e solleva turbini di fango rimestando il fondale con le possenti eliche, sostenuta dalla curiosità ammirata di passanti e turisti infreddoliti, che scattano qualche foto con il telefono. Lo sviluppo del porto ha preso strade che anni fa erano imprevedibili: non si movimentano più solo container, ma anche esseri umani in cerca di sogni a costo trattenuto, sempre che si sia abili a respingere i servizi opzionali. Un’importante novità, per la città e il suo approdo, che potrebbe non rimanere l’unica. 

Per qualche ora, infatti, lo scalo spezzino è stato proposto come “porto sicuro” alla nave Ocean Viking di SOS Méditerranée, prima che le autorità decidessero di dirottare l’imbarcazione e il suo carico di 113 naufraghe e naufraghi su Ravenna. La Spezia potrebbe però diventare un “porto sicuro” nei prossimi mesi. Il testo del decreto legge approvato dal gabinetto Meloni il 28 dicembre prevede infatti che le autorità italiane garantiscano un porto di sbarco alle navi che salvano migranti in mare. Osservato che la tendenza degli ultimi mesi è stata assegnare porti molto lontani dai luoghi del salvataggio, è possibile che la Liguria diventi nel 2023 uno dei punti di approdo per le imbarcazioni delle ONG. 

Faccio correre lo sguardo lungo il nylon teso dalla brezza, sottile come un filo di ragnatela. Più il “porto sicuro” è lontano dalle zone di salvataggio, ho letto da qualche parte, più le navi se ne staranno lontane dalle acque in cui potrebbero salvare vite,  essendo obbligate a lunghe trasferte a nord. Alle navi che hanno effettuato un soccorso, inoltre, sarà impedito di trarre in salvo eventuali altri naufraghi senza una specifica autorizzazione da parte dell’Italia. Saranno in questo modo impediti i cosiddetti “soccorsi plurimi”. L’auspicio degli estensori del provvedimento è che, rendendo più sporadici i salvataggi, si impenni il tasso di mortalità per annegamento in mare dei migranti. Tale aumento scoraggerebbe i tentativi di attraversare il Mediterraneo e, in pratica, metterebbe un freno al fenomeno migratorio. 

Consapevole del dilemma etico sotteso a tale decisione, Meloni ha, nei giorni scorsi, espresso una valutazione molto significativa, ancorché traballante sotto il profilo logico, se inquadrata nell’orizzonte di valori che chi l’ha formulata pone come proprio riferimento. Dice che i migranti che tentano il viaggio sono quelli che hanno i soldi per pagare gli scafisti. Noi non accogliamo, in pratica, donne e uomini davvero poveri, ma una specie di middle class privilegiata disposta anche ad acquistare un servizio illegale. La scelta di allentare le iniziative per evitare gli annegamenti troverebbe quindi una sorta di giustificazione etica. Non muoiono i disperati, ma dei giocatori d’azzardo che non si accontentano di prosperare con i loro mezzi nel loro paese. Il principio sintetizzato dal motto meloniano non ostacolare chi vuole fare trova quindi una ferma limitazione basata sulla provenienza del soggetto. È una cosa che fa abbastanza schifo, a pensarci. 

Quando strappo il galleggiante dall’acqua, il sole di dicembre si sta già accomodando dietro l’orizzonte celato dal monte alle mie spalle. Ripongo la canna, con cura sistemo l’attrezzatura. Coppie rare percorrono lentamente la passeggiata Morin, tenendosi per mano. Una turista orientale è in posa per una foto con un cannone monumentale puntato verso il largo, sorride all’obiettivo, fa il segno della vittoria con le dita.

Che l’estate finisca

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Lerici, 29 giugno 2019

Non dico frocio, negro, troia. Non sono perbene. Non auguri a una ragazza di essere violentata. Non sei perbene. Non mi sono rotto le palle. Non sono perbene. Non auspichi la riaccensione dei crematori di Auschwitz. Non sei perbene. Non voglio sparare nella schiena a nessun ladruncolo, non gliela voglio ficcare una pallottola nel cranio, no. Non sono perbene. Ami la Francia, Giovanni Giudici, i profumi della Palmaria. Non sei perbene. Amo le isole, Totò Antibo, Basquiat. Non sono perbene.

Il golfo ha lo stesso colore del cielo oggi, non c’è vento e gli alberi delle barche a vela ormeggiate all’ombra del castello oscillano dolci. L’equipaggio della borgata marinara si allena sotto il sole implacabile, muscoli gonfi affondano i remi nell’acqua cremosa. Contrasta, la pace di questo luogo di villeggiatura, con la brutalità della cronaca, che ci dice l’inaccettabile abnegazione con cui il nostro governo ha tentato di impedire il salvataggio di un gruppo di naufraghi, vietando l’attracco alla nave Sea Watch 3. Scuoti la testa, incredula, davanti alla sequela di insulti che salutano l’arresto della capitana della nave soccorso, davanti a chi invoca la violenza sessuale di gruppo come giusta punizione.

Guarda: il sacrificio della patria nostra è consumato. Guarda questa nostra terra oltraggiata: tutto è perduto. Qui si è liberi di odiare, offendere, violentare; qui si può sparare, arrestare, eliminare. E aggredire in gruppo esseri inermi: è l’estate, nera, della gente perbene. Lo so che adesso alzi gli occhi al cielo e sorridi, mollando la Settimana enigmistica,  che vecchio trombone sono diventato. Colpa di Foscolo però, non mia. E poi sopportami, ché sarà per poco. Viviamo infatti una fase transitoria, presto tutta questa spazzatura finirà. Il razzismo, la violenza, sono prodotti umani e come tali segnati dal destino a scomparire. Niente più Salvini, fra qualche giorno, ma donne e uomini liberi, capitani e capitane di vascelli del sogno, come Carola Rackete e Corto Maltese.

Ci basterà aspettare, nuotando in mari tranquilli o avventurandoci in acque più tempestose, vicino al cuore della rivolta. Aspettare che l’orrore finisca, come sereni si aspetta la fine dell’estate, guardando il tramonto dalla spiaggia ogni sera. Sarà questo, amore, l’utopia. Stare con te, tenersi per mano, mentre il cormorano si tuffa. Dev’essere questo, amore, l’utopia.